«Acqua salata per lavarsi nel cpt di Lampedusa»
Liberazione, 29. Juni 2005
Il rombo dei motori è forte. Aerei di linea, charter, della protezione civile, nel minuscolo aeroporto di Lampedusa. Il "centro" è a due passi: agli ingressi le solite sbarre e rotoli di filo spinato arrugginito. Che luogo è questo? In teoria dovrebbe servire per accogliere e soccorrere chi sbarca nell'isola, giusto il tempo necessario per il trasferimento e la separazione tra coloro che semplicemente arrivano sprovvisti del permesso di soggiorno e chi richiede asilo. Le cose, lo si sapeva, non vanno così.
Fino a quattro giorni fa in una struttura in grado di contenere 190 persone erano rinchiusi in 900. La visita preannunciata di una delegazione dei parlamentari europei del Gue/Ngl ha costretto a un rapido repulisti: 800 persone sono state in un batter d'occhio sparpagliate nei Cpt del Sud. Dove? Impossibile saperlo. La delegazione è entrata alle 10, i parlamentari erano accompagnati da alcuni interpreti, avvocati e collaboratori. Per l'ennesima volta il prefetto ha disposto che chi era individuato come giornalista doveva restare fuori, alla faccia della trasparenza e della democrazia. Immediata la prima gaf diplomatica. I funzionari di polizia hanno preteso di identificare tutti i membri anche l'europarlamentare presidente del Gue Francis Wurtz (francese). La visita si è protratta per oltre due ore, all'uscita, in un'improvvisata conferenza stampa, è stata espressa tutta l'indignazione e la vergogna per quanto visto: «Il maquillage fatto per farci credere di trovarci in un gran bel posto non è servito a nulla - ha iniziato Giusto Catania, europarlamentare del Prc - i funzionari del centro che abbiamo incontrato non hanno voluto, o meglio potuto fornirci alcuna informazione veritiera e le nostre domande li hanno visibilmente infastiditi. Non abbiamo potuto avere accesso ai provvedimenti di espulsione né sapere dove erano stati trasferiti gli 800 esaminati in tempo record. Addirittura hanno negato quello che tutti i giornali hanno riportato giorni fa, la deportazione in Libia di 45 persone. La procedura che loro considerano normale per l'identificazione è inaccettabile, hanno accelerato i provvedimento unicamente in vista del nostro arrivo. Ci hanno negato persino di esaminare la convenzione stipulata con la misericordia».
Francis Wurtz era indignato e scandalizzato per la documentazione firmata da i reclusi senza interprete e che non conoscevano la lingua italiana. Ognuno aveva un tassello per ricostruire il mosaico della vergogna: dietro il cortile, all'ingresso, coperti dagli sguardi indiscreti delle persone i grandi container tipici nella forma di queste strutture, con in più un'uscita che immette direttamente nell'aeroporto. Vittorio Agnoletto ha descritto le pessime condizioni igienico-sanitarie del centro, anche quando non è stracolmo come accade per quattro mesi l'anno. Acqua salmastra per lavarsi, acqua da bere razionata (mezzo litro al giorno a persona) e poi tra i tanti elementi oscuri, il fatto che buona parte dei reclusi abbiano dichiarato di provenire da Palestina e Iraq e che pur potendo chiedere asilo non risulta l'abbiamo mai fatto. «E' emblematico - accenna Luisa Morgantini - il caso di un cittadino sharawi, che risulta invece identificato come marocchino quando il Marocco non riconosce l'esistenza del popolo sharawi». E poi le date dei fogli di trattenimento corrette a mano, la presenza di 571 cartelle cliniche relative al mese di giugno a dimostrare che oltre mille persone trattenute non sono state sottoposte ad alcun accertamento medico. L'assenza di assistenza legale è prassi, norma che conferma ancora di più l'urgenza di un'azione complessiva sul tema. Roberto Musacchio, capogruppo Prc, considera questa prima visita come il risultato del mandato conferito ad aprile dal Parlamento europeo che ha denunciato quanto avviene quotidianamente a Lampedusa. Tobias Pfluger (Pds) si è vergognato come cittadino tedesco di come siano state messe in pratica le decisioni del proprio ministro dell'Interno Schilly.
A questo punto resta centrale l'appuntamento del 15 settembre, quando una delegazione ufficiale del Parlamento europeo (Commissione per le libertà pubbliche) tornerà a Lampedusa. Fuori dal recinto, giornalisti e militanti antirazzisti hanno appeso alle sbarre due bandiere della pace. Un'operatrice del centro si è sentita provocata dal gesto: «siamo in pace, non in guerra» «perché allora il filo spinato?», le è stato risposto «perché abbiamo paura di loro», erano mille ha risposto confermando con le proprie parole la stupidità delle galere etniche.
La visita degli europarlamentari, le loro reazioni spontanee e prive di mediazioni porteranno in sede europea un ennesimo elemento di vergogna per il governo del nostro paese.
Stefano Galieni
Il rombo dei motori è forte. Aerei di linea, charter, della protezione civile, nel minuscolo aeroporto di Lampedusa. Il "centro" è a due passi: agli ingressi le solite sbarre e rotoli di filo spinato arrugginito. Che luogo è questo? In teoria dovrebbe servire per accogliere e soccorrere chi sbarca nell'isola, giusto il tempo necessario per il trasferimento e la separazione tra coloro che semplicemente arrivano sprovvisti del permesso di soggiorno e chi richiede asilo. Le cose, lo si sapeva, non vanno così.
Fino a quattro giorni fa in una struttura in grado di contenere 190 persone erano rinchiusi in 900. La visita preannunciata di una delegazione dei parlamentari europei del Gue/Ngl ha costretto a un rapido repulisti: 800 persone sono state in un batter d'occhio sparpagliate nei Cpt del Sud. Dove? Impossibile saperlo. La delegazione è entrata alle 10, i parlamentari erano accompagnati da alcuni interpreti, avvocati e collaboratori. Per l'ennesima volta il prefetto ha disposto che chi era individuato come giornalista doveva restare fuori, alla faccia della trasparenza e della democrazia. Immediata la prima gaf diplomatica. I funzionari di polizia hanno preteso di identificare tutti i membri anche l'europarlamentare presidente del Gue Francis Wurtz (francese). La visita si è protratta per oltre due ore, all'uscita, in un'improvvisata conferenza stampa, è stata espressa tutta l'indignazione e la vergogna per quanto visto: «Il maquillage fatto per farci credere di trovarci in un gran bel posto non è servito a nulla - ha iniziato Giusto Catania, europarlamentare del Prc - i funzionari del centro che abbiamo incontrato non hanno voluto, o meglio potuto fornirci alcuna informazione veritiera e le nostre domande li hanno visibilmente infastiditi. Non abbiamo potuto avere accesso ai provvedimenti di espulsione né sapere dove erano stati trasferiti gli 800 esaminati in tempo record. Addirittura hanno negato quello che tutti i giornali hanno riportato giorni fa, la deportazione in Libia di 45 persone. La procedura che loro considerano normale per l'identificazione è inaccettabile, hanno accelerato i provvedimento unicamente in vista del nostro arrivo. Ci hanno negato persino di esaminare la convenzione stipulata con la misericordia».
Francis Wurtz era indignato e scandalizzato per la documentazione firmata da i reclusi senza interprete e che non conoscevano la lingua italiana. Ognuno aveva un tassello per ricostruire il mosaico della vergogna: dietro il cortile, all'ingresso, coperti dagli sguardi indiscreti delle persone i grandi container tipici nella forma di queste strutture, con in più un'uscita che immette direttamente nell'aeroporto. Vittorio Agnoletto ha descritto le pessime condizioni igienico-sanitarie del centro, anche quando non è stracolmo come accade per quattro mesi l'anno. Acqua salmastra per lavarsi, acqua da bere razionata (mezzo litro al giorno a persona) e poi tra i tanti elementi oscuri, il fatto che buona parte dei reclusi abbiano dichiarato di provenire da Palestina e Iraq e che pur potendo chiedere asilo non risulta l'abbiamo mai fatto. «E' emblematico - accenna Luisa Morgantini - il caso di un cittadino sharawi, che risulta invece identificato come marocchino quando il Marocco non riconosce l'esistenza del popolo sharawi». E poi le date dei fogli di trattenimento corrette a mano, la presenza di 571 cartelle cliniche relative al mese di giugno a dimostrare che oltre mille persone trattenute non sono state sottoposte ad alcun accertamento medico. L'assenza di assistenza legale è prassi, norma che conferma ancora di più l'urgenza di un'azione complessiva sul tema. Roberto Musacchio, capogruppo Prc, considera questa prima visita come il risultato del mandato conferito ad aprile dal Parlamento europeo che ha denunciato quanto avviene quotidianamente a Lampedusa. Tobias Pfluger (Pds) si è vergognato come cittadino tedesco di come siano state messe in pratica le decisioni del proprio ministro dell'Interno Schilly.
A questo punto resta centrale l'appuntamento del 15 settembre, quando una delegazione ufficiale del Parlamento europeo (Commissione per le libertà pubbliche) tornerà a Lampedusa. Fuori dal recinto, giornalisti e militanti antirazzisti hanno appeso alle sbarre due bandiere della pace. Un'operatrice del centro si è sentita provocata dal gesto: «siamo in pace, non in guerra» «perché allora il filo spinato?», le è stato risposto «perché abbiamo paura di loro», erano mille ha risposto confermando con le proprie parole la stupidità delle galere etniche.
La visita degli europarlamentari, le loro reazioni spontanee e prive di mediazioni porteranno in sede europea un ennesimo elemento di vergogna per il governo del nostro paese.
Stefano Galieni
Tobias Pflüger - 2005/09/27 17:47



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