Rapporto della visita della delegazione GUE-NGL al CPT di Lampedusa
Martedì 28 giugno 2005 una delegazione di 12 deputati del gruppo GUE-NGL, accompagnati da 4 funzionari, un avvocato e alcuni rappresentanti di ONG impegnate nella difesa dei diritti dei migranti, è entrata nel Centro di Permanenza Temporanea nell’isola di Lampedusa, a Sud della Sicilia.
Per alcune ore la delegazione ha potuto visitare il centro, accompagnata a distanza dal Prefetto e dai responsabili delle forze dell’ordine, e ha potuto parlare con alcuni dei migranti accolti nella struttura che, quel giorno, ospitava 197 persone. La struttura è composta infatti da quattro container prefabbricati ognuno dei quali contiene circa 40 letti (due file di letti a castello).
Entrando nel primo dei container l’impatto è pesante: pur essendo solo ad inizio giugno, il caldo è soffocante; non c’è aerazione, 48 persone in un container sono tante. Ci mostrano ripetutamente i letti: un sottile materasso fatiscente in gomma piuma, spesso neppure ricoperto da lenzuola, appoggiato su una griglia metallica rigida che dovrebbe fungere da rete. I migranti hanno raccontato che ricevono una bottiglia d’acqua al giorno ogni due persone. Le docce poi sono alimentate da acqua salata che, unita al caldo e al sole cocente, contribuisce senza dubbio a provocare le spaventose dermatiti da cui sono affetti molti dei migranti del centro. L’infermeria non è del resto attrezzata per curare questo tipo di affezioni. Il numero delle persone visitate sembra d'altronde molto inferiore alle persone che sono transitate per il centro: i deputati che hanno potuto controllare i registri affermano che nel mese di giugno sono stati visitati circa la metà degli ospiti del centro.
Gli ospiti del centro ci hanno mostrato dei documenti giudiziari che li riguardano: alcuni sono solo in italiano, altri sono tradotti in inglese oppure in francese, soltanto qualche volta in arabo. Alcuni di loro hanno rifiutato di firmarli, altri spiegano che li hanno dovuti firmare anche se non ne capiscono il contenuto.
Alcuni migranti hanno affermato che dal loro ingresso nel centro non avevano visto né un interprete, né un avvocato né un giudice, cosa che è invece avvenuta un paio di giorni prima della nostra visita. Tuttavia molti di loro hanno detto di essere lì da più di un mese, anche se i decreti di trattenimento presentavano la data di qualche giorno prima: osservandoli con attenzione, si notava tuttavia che una prima data scritta al computer ("25/05/2005") era stata corretta a mano ("25/06/2005"). Trattenere qualcuno in un centro per più di cinque giorni (e a fortiori un mese) senza aver visto né un avvocato né un giudice, è contrario alla legge italiana.
Hanno raccontato che la notte precedente il centro era stato pulito a fondo e che quattro giorni prima del nostro arrivo c’erano più di 900 migranti: sono stati imbarcati su degli aerei e non sanno dove siano finiti. Alle nostre domande su dove alloggiassero 900 persone, hanno risposto che dormivano all’aperto, per terra.
I container sono separati tra loro da delle stradine sterrate e l’unico spazio ampio è un campo asfaltato in mezzo al sole. Il tutto è circondato da un recinto di reti metalliche e filo spinato in abbondanza, tipico delle aree militari.
Un grande cancello separa i container dal settore amministrativo, con gli uffici dei responsabili del centro: i migranti li chiamano, con un lieve sorriso, “gli uffici con l’aria condizionata”. E’ lì che ci hanno ricevuto il Prefetto, il Questore, il responsabile della sicurezza e il gestore dell’assistenza del centro, e i funzionari delegati del Ministero degli Interni giunti appositamente sul posto.
Ci è stato spiegato che ad ogni migrante viene fornita una scheda telefonica da 5 euro ogni 10 giorni oppure una da 3 euro ogni 6 giorni: una cifra infima con cui chiamare i familiari in Africa o un avvocato. A seguito di richieste pressanti, qualche giorno prima è stata installata una seconda cabina telefonica per chiamare verso l’esterno, mentre l’unico numero dal quale è possibile ricevere chiamate era momentaneamente fuori servizio.
L’assistenza di base (distribuzione dei pasti, dell’acqua e delle carte telefoniche, eventuale primo soccorso medico, ecc.) viene fornita dalla Misericordia - una Onlus diffusa su tutto il territorio nazionale - attraverso un organico complessivo di nove addetti suddivisi in tre turni giornalieri. Tuttavia quando abbiamo chiesto quali siano i termini della Convenzione tra la Misericordia e il Ministero degli Interni, ci è stato risposto seccamente di rivolgerci al gabinetto del Ministro. E’ solo il primo di una serie di sorprendenti dinieghi e “rinvii al Ministro” cui saremo confrontati.
Un copione simile si è ripetuto, infatti, quando abbiamo chiesto dove fossero finiti i 900 migranti che erano presenti nel centro fino a pochi giorni prima del nostro arrivo: hanno ammesso che sono stati imbarcati su degli aerei ma si sono rifiutati di comunicarne la destinazione. Di fronte alla nostra insistenza, il responsabile delle forze dell’ordine ha addirittura affermato che a lui non viene comunicata la destinazione dei voli. Abbiamo chiesto allora di poter visionare i registri di entrata e di uscita e i decreti di espulsione, subendo un ulteriore rifiuto in nome della “legge sulla privacy”.
E' comincia allora un lungo dialogo nel tentativo di comprendere le procedure di identificazione e il trattamento riservato ai richiedenti asilo. Abbiamo appreso con sconcerto che le autorità consolari di alcuni paesi terzi partecipano regolarmente alle procedure sommarie di identificazione, al fine di determinare quanto meno la nazionalità dei migranti: a nulla è valsa la nostra osservazione secondo cui sarebbe pericolosissimo per un potenziale richiedente asilo farsi identificare dalle proprie autorità consolari, dal momento che ci è stato affermato che nell’ultimo periodo “nessuno” ha chiesto asilo. Il dato è di per sè incredibile (sarebbe il primo centro in Italia in cui questo non avviene) e contrasta poi con i documenti che i migranti stessi ci hanno mostrato: molti hanno dichiarato di provenire dall’ Iraq o dalla Palestina. Siamo stati ulteriormente “rassicurati” con la garanzia che chiunque richieda asilo espressamente viene mandato in appositi altri centri: tuttavia nessuna informazione è generalmente prevista per i migranti accolti nel centro sulle possibilità offerte in diritto italiano di richiedere asilo; solo di fronte ad una richiesta esplicita, allora – ci hanno detto – vengono date le informazioni necessarie.
Il dialogo si è tramutato in farsa nel momento in cui i funzionari del ministero hanno negato le più ovvie verità (come l ’esistenza stessa di un Accordo bilaterale Italia/Libia) o affermato l’esistenza di improponibili articoli della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (il “diritto al trattenimento”). E’ evidente che la parola d’ordine era negare o, quando impossibile, rinviare le domande al gabinetto del Ministro.
Siamo usciamo dal centro sconcertati, salutati da un applauso dei migranti ammucchiati dietro i cancelli.
Nella conferenza stampa improvvisata all’uscita, Giusto Catania ha posto l'accento in particolare sull'operazione di "maquillage" effettuata dai gestori del centro in vista dell'arrivo della delegazione (facendo "sparire" la maggior parte dei migranti e cercando di rendere apparentemente più vivibile la struttura); Francis Wurtz ha dichiarato che la situazione in cui si trovano i migranti in questo centro è inaccettabile sia dal punto di vista legale che umano; Roberto Musacchio ha ricordato che questa visita si è svolta anche in riferimento alla risoluzione del Parlamento europeo che, nell'aprile scorso, si è espresso contro le espulsioni collettive effettuate dal governo italiano; Tobias Pflueger ha ricordato che questo tipo di campi nasce da una proposta del Ministro tedesco Otto Schilly e che era per lui uno shock vedere questa idea realizzata; Vittorio Agnoletto ha evidenziato la precarietà della situazione igienico sanitaria della struttura; Miguel Portas ha espresso la sua incredulità rispetto alla situazione di questo campo, che sembra più una prigione che un centro di accoglienza.
Uscendo dall’area del centro, abbiamo notato che esso si trova proprio a fianco del l’aeroporto di Lampedusa ed ha un ingresso diretto e privato sulla pista: certamente un modo semplice e discreto per imbarcare velocemente i migranti sui C-130 militari che li riporteranno in Africa.
Per alcune ore la delegazione ha potuto visitare il centro, accompagnata a distanza dal Prefetto e dai responsabili delle forze dell’ordine, e ha potuto parlare con alcuni dei migranti accolti nella struttura che, quel giorno, ospitava 197 persone. La struttura è composta infatti da quattro container prefabbricati ognuno dei quali contiene circa 40 letti (due file di letti a castello).
Entrando nel primo dei container l’impatto è pesante: pur essendo solo ad inizio giugno, il caldo è soffocante; non c’è aerazione, 48 persone in un container sono tante. Ci mostrano ripetutamente i letti: un sottile materasso fatiscente in gomma piuma, spesso neppure ricoperto da lenzuola, appoggiato su una griglia metallica rigida che dovrebbe fungere da rete. I migranti hanno raccontato che ricevono una bottiglia d’acqua al giorno ogni due persone. Le docce poi sono alimentate da acqua salata che, unita al caldo e al sole cocente, contribuisce senza dubbio a provocare le spaventose dermatiti da cui sono affetti molti dei migranti del centro. L’infermeria non è del resto attrezzata per curare questo tipo di affezioni. Il numero delle persone visitate sembra d'altronde molto inferiore alle persone che sono transitate per il centro: i deputati che hanno potuto controllare i registri affermano che nel mese di giugno sono stati visitati circa la metà degli ospiti del centro.
Gli ospiti del centro ci hanno mostrato dei documenti giudiziari che li riguardano: alcuni sono solo in italiano, altri sono tradotti in inglese oppure in francese, soltanto qualche volta in arabo. Alcuni di loro hanno rifiutato di firmarli, altri spiegano che li hanno dovuti firmare anche se non ne capiscono il contenuto.
Alcuni migranti hanno affermato che dal loro ingresso nel centro non avevano visto né un interprete, né un avvocato né un giudice, cosa che è invece avvenuta un paio di giorni prima della nostra visita. Tuttavia molti di loro hanno detto di essere lì da più di un mese, anche se i decreti di trattenimento presentavano la data di qualche giorno prima: osservandoli con attenzione, si notava tuttavia che una prima data scritta al computer ("25/05/2005") era stata corretta a mano ("25/06/2005"). Trattenere qualcuno in un centro per più di cinque giorni (e a fortiori un mese) senza aver visto né un avvocato né un giudice, è contrario alla legge italiana.
Hanno raccontato che la notte precedente il centro era stato pulito a fondo e che quattro giorni prima del nostro arrivo c’erano più di 900 migranti: sono stati imbarcati su degli aerei e non sanno dove siano finiti. Alle nostre domande su dove alloggiassero 900 persone, hanno risposto che dormivano all’aperto, per terra.
I container sono separati tra loro da delle stradine sterrate e l’unico spazio ampio è un campo asfaltato in mezzo al sole. Il tutto è circondato da un recinto di reti metalliche e filo spinato in abbondanza, tipico delle aree militari.
Un grande cancello separa i container dal settore amministrativo, con gli uffici dei responsabili del centro: i migranti li chiamano, con un lieve sorriso, “gli uffici con l’aria condizionata”. E’ lì che ci hanno ricevuto il Prefetto, il Questore, il responsabile della sicurezza e il gestore dell’assistenza del centro, e i funzionari delegati del Ministero degli Interni giunti appositamente sul posto.
Ci è stato spiegato che ad ogni migrante viene fornita una scheda telefonica da 5 euro ogni 10 giorni oppure una da 3 euro ogni 6 giorni: una cifra infima con cui chiamare i familiari in Africa o un avvocato. A seguito di richieste pressanti, qualche giorno prima è stata installata una seconda cabina telefonica per chiamare verso l’esterno, mentre l’unico numero dal quale è possibile ricevere chiamate era momentaneamente fuori servizio.
L’assistenza di base (distribuzione dei pasti, dell’acqua e delle carte telefoniche, eventuale primo soccorso medico, ecc.) viene fornita dalla Misericordia - una Onlus diffusa su tutto il territorio nazionale - attraverso un organico complessivo di nove addetti suddivisi in tre turni giornalieri. Tuttavia quando abbiamo chiesto quali siano i termini della Convenzione tra la Misericordia e il Ministero degli Interni, ci è stato risposto seccamente di rivolgerci al gabinetto del Ministro. E’ solo il primo di una serie di sorprendenti dinieghi e “rinvii al Ministro” cui saremo confrontati.
Un copione simile si è ripetuto, infatti, quando abbiamo chiesto dove fossero finiti i 900 migranti che erano presenti nel centro fino a pochi giorni prima del nostro arrivo: hanno ammesso che sono stati imbarcati su degli aerei ma si sono rifiutati di comunicarne la destinazione. Di fronte alla nostra insistenza, il responsabile delle forze dell’ordine ha addirittura affermato che a lui non viene comunicata la destinazione dei voli. Abbiamo chiesto allora di poter visionare i registri di entrata e di uscita e i decreti di espulsione, subendo un ulteriore rifiuto in nome della “legge sulla privacy”.
E' comincia allora un lungo dialogo nel tentativo di comprendere le procedure di identificazione e il trattamento riservato ai richiedenti asilo. Abbiamo appreso con sconcerto che le autorità consolari di alcuni paesi terzi partecipano regolarmente alle procedure sommarie di identificazione, al fine di determinare quanto meno la nazionalità dei migranti: a nulla è valsa la nostra osservazione secondo cui sarebbe pericolosissimo per un potenziale richiedente asilo farsi identificare dalle proprie autorità consolari, dal momento che ci è stato affermato che nell’ultimo periodo “nessuno” ha chiesto asilo. Il dato è di per sè incredibile (sarebbe il primo centro in Italia in cui questo non avviene) e contrasta poi con i documenti che i migranti stessi ci hanno mostrato: molti hanno dichiarato di provenire dall’ Iraq o dalla Palestina. Siamo stati ulteriormente “rassicurati” con la garanzia che chiunque richieda asilo espressamente viene mandato in appositi altri centri: tuttavia nessuna informazione è generalmente prevista per i migranti accolti nel centro sulle possibilità offerte in diritto italiano di richiedere asilo; solo di fronte ad una richiesta esplicita, allora – ci hanno detto – vengono date le informazioni necessarie.
Il dialogo si è tramutato in farsa nel momento in cui i funzionari del ministero hanno negato le più ovvie verità (come l ’esistenza stessa di un Accordo bilaterale Italia/Libia) o affermato l’esistenza di improponibili articoli della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (il “diritto al trattenimento”). E’ evidente che la parola d’ordine era negare o, quando impossibile, rinviare le domande al gabinetto del Ministro.
Siamo usciamo dal centro sconcertati, salutati da un applauso dei migranti ammucchiati dietro i cancelli.
Nella conferenza stampa improvvisata all’uscita, Giusto Catania ha posto l'accento in particolare sull'operazione di "maquillage" effettuata dai gestori del centro in vista dell'arrivo della delegazione (facendo "sparire" la maggior parte dei migranti e cercando di rendere apparentemente più vivibile la struttura); Francis Wurtz ha dichiarato che la situazione in cui si trovano i migranti in questo centro è inaccettabile sia dal punto di vista legale che umano; Roberto Musacchio ha ricordato che questa visita si è svolta anche in riferimento alla risoluzione del Parlamento europeo che, nell'aprile scorso, si è espresso contro le espulsioni collettive effettuate dal governo italiano; Tobias Pflueger ha ricordato che questo tipo di campi nasce da una proposta del Ministro tedesco Otto Schilly e che era per lui uno shock vedere questa idea realizzata; Vittorio Agnoletto ha evidenziato la precarietà della situazione igienico sanitaria della struttura; Miguel Portas ha espresso la sua incredulità rispetto alla situazione di questo campo, che sembra più una prigione che un centro di accoglienza.
Uscendo dall’area del centro, abbiamo notato che esso si trova proprio a fianco del l’aeroporto di Lampedusa ed ha un ingresso diretto e privato sulla pista: certamente un modo semplice e discreto per imbarcare velocemente i migranti sui C-130 militari che li riporteranno in Africa.
Tobias Pflüger - 2005/10/10 10:14



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